Novantatre' (Italian Edition) by Hugo Victor

Novantatre' (Italian Edition) by Hugo Victor

autore:Hugo, Victor [Hugo, Victor]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


2.

DOL.

Dol, città spagnola della Francia in Bretagna, come la qualificano i cartolari, non è una città, è una via. Una grande via gotica tutta fiancheggiata a destra e a sinistra di case con pilastri, per niente allineate, che formano sporgenze e rientranze nella via, del resto larghissima. Il rimanente della città non è che una rete di viuzze collegate a questa grande via diametrale e sfociantivi come ruscelli dentro un fiume. La città, senza porte né mura, aperta, dominata dal monte Dol, non sarebbe in grado di sostenere un assedio; ma la via sì, potrebbe sostenerlo. I promontori di case, che vi si vedevano ancora cinquant'anni or sono, e le due gallerie o portici che la fiancheggiano ne facevano un solidissimo e resistentissimo caposaldo in caso di combattimenti. Tante case, altrettante fortezze; e bisognava conquistarle una dopo l'altra. Il vecchio mercato era, su per giù, a mezza via.

Il locandiere della "Croix-Branchard" aveva detto la verità; nel momento in cui egli parlava, una mischia forsennata riempiva Dol.

Nella città era improvvisamente scoppiato un duello notturno tra i bianchi arrivati al mattino e gli azzurri sopraggiunti la sera. Le forze erano ineguali: i bianchi erano seimila, gli azzurri millecinquecento; ma in una cosa erano pari: nell'accanimento. Degno di nota è il fatto che erano stati i millecinquecento ad attaccare i seimila.

Da una parte una folla, dall'altra una falange. Da una parte seimila contadini, con "cuori di Gesù" sulle casacche di pelle, nastri bianchi ai cappelli tondi, sentenze cristiane sui bracciali e rosari ai cinturoni, con più forche che sciabole e carabine senza baionette, trascinantisi dietro con le corde i cannoni che avevano, mal equipaggiati, mal disciplinati, male armati, ma frenetici. Dall'altra parte millecinquecento soldati, col tricorno fregiato dalla coccarda tricolore, la giubba a grandi falde e a grandi risvolti con la bandoliera incrociata, la sciabola dall'impugnatura di ottone e il fucile dalla lunga baionetta, addestrati, allineati, docili e feroci, idonei all'obbedienza da quella gente capace di comandare che erano, volontari anch'essi, ma volontari della patria, a brandelli d'altronde, e senza scarpe; per la monarchia, contadini paladini; per la rivoluzione, eroi scalzi. Tanto una schiera che l'altra aveva per anima il proprio comandante: i realisti un vecchio, i repubblicani un giovane. Da una parte Lantenac, dall'altra Gauvain.

La rivoluzione, a fianco delle giovani figure gigantesche, quali Danton, Sait-Just e Robespierre, ha le giovani figure ideali, quali Hoche e Marceau. Gauvain era una di queste figure.

Gauvain aveva trent'anni, con un aspetto d'Ercole, l'occhio serio d'un profeta e il riso d'un bambino. Non fumava, non beveva, non bestemmiava. Portava con sé, in piena guerra. l'occorrente per la toeletta; aveva gran cura delle unghie, dei denti, dei capelli, che aveva scuri e superbi; durante le soste, poi, sbatteva egli stesso al vento la sua marsina da capitano, sforacchiata di pallottole e bianca di polvere. Sebbene si cacciasse sempre a corpo morto nelle mischie, non era mai stato ferito. La sua voce dolcissima aveva, quando occorreva, i bruschi scoppi del comando. Era il primo a dar l'esempio nel dormire



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